“In Bloom”, opera prima di Antonio Ministeri, la si potrebbe associare all’impressionismo, sin dalle prime note: carezzevoli, sfuggenti e allo stesso tempo definite come ripetuti colpi di pennello sulla tela.
La musica può espandersi fino alla pittura, le due arti si possono fondere, com’è successo e come si racconta qui di seguito.
Da principio è “Breath” a darci respiro. È il polmone dell’album, senza il quale impossibile è procedere. Si espande profondamente e si dissolve piano, proprio come i colori che dipingono la “Passeggiata sulla scogliera a Pourville” di Claude Monet. È imponenza e vivacità, in parte cromatica, in parte sensazionale. In ogni caso regala ampio spazio all’occhio, che guarda, e tutti gli altri sensi che accolgono a ritmo modulato.

Dallo stelo fino alla punta d’ogni petalo, scorre così la musica di “In Bloom”, secondo brano dell’omonima raccolta. Richiama un fiore che nasce, cresce e rinasce. Dopo tanto cercare, si placa lento e ci ricorda il “Ramo di mandorlo fiorito” di Vincent van Gogh: deciso nel suo svilupparsi, a tratti anche contorto, ma delicato in ogni sfumatura.

Arriva “Clouds” e Antonio Ministeri offre un mondo di visioni. Qui si immagina un rincorrersi calmo di nuvole, come nei cieli di “Bassa marea” di Eugène Boudin, l’anticipatore dell’Impressionismo che dà spazio al cielo e a tutto ciò che porta in sé, bene o male che sia. E come scrive Boudelaire a proposito “Queste nuvole dalle forme fantastiche e luminose […] queste immensità sospese o sovrapposte […] tutte queste profondità, tutti questi splendori danno alla testa come una bevanda inebriante o l’oppio.”.

Antonio Ministeri e “In Bloom”, se fosse Impressionismo da “Black out”
Con “Blackout”, 4° pezzo dell’album, assistiamo ad uno strappo sonoro. I toni si abbassano, mantenendo una forte intensità, poi si alzano con risolutezza. Sono note buie e dense. Le “Ninfee” di Claude Monet le potrebbero rappresentare, perché intese come conclusione di un viaggio, assenza di fondo, ma anche infinito.

Graduale è “Lieve”, che con tutta placidità coccola e offre al pensiero tutto il tempo per articolarsi, e al corpo tutto il tempo per distendersi. “Impressione, levar del sole” di Claude Monet è sicuramente l’opera che più di tutti ritorna alla memoria ascoltando il 5° brano di Antonio Ministeri: si inspira luce, e gli occhi e i polmoni si dilatano.

Con “Unstable” si cammina in punta di piedi, insieme alla paura di cadere ma la determinazione di andare avanti, fino alla fine. Si prende fiato e i toni si colorano di sfumature via via diverse, per poi tornare all’iniziale cadenza. “Il foyer della danza al teatro dell’Opéra” di Edgar Degas, con le sue ballerine instancabili e pronte è vicina a questa musica e le fa bene da sfondo.

“Glimmer” ha il colore della luce che, apparendo fioca, pian piano si autodefinisce e prende la forma di una stella che illumina il blu che sente intorno. “Notte stellata sul Rodano” di Vincent van Gogh è sicuramente il dipinto che più di tutti si connette a questo fluire di suoni e colori. Si racconta che il pittore olandese ritenesse che la notte fosse più ricca di colori rispetto al giorno, e per questo che passa molte notti insonni ad osservare il cielo.

Antonio Ministeri è un compositore Italiano nato a Catania nel 1989, sin da giovanissimo ha mostrato forte interesse per il pianoforte e poi per la musica elettronica e la musica per film. In lui convive anche il desiderio di integrare diversi generi e stili musicali che ha fatto propri durante la sua formazione e che concretizza tramite “In Bloom”.
Con questo suo primo album, l’artista dà ampio spazio alla musica minimalista ma anche elettronica, ambient e classica. Si percepisce l’uso di sintetizzatori, campionatori, chitarre elettriche, vicini anche alla musica post-rock.
Per tutte le 7 tracce invita costantemente l’ascoltatore a prendere una boccata d’aria prima di tutto, ad immaginare un cielo dalle tonalità eterogenee, che avvolge come un quadro impressionista. Il timbro è tenue e si fa strada con grande tatto e gusto.
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